Di certo, noi faremmo di tutto per il nostro cane, ma i nostri cani farebbero lo stesso per noi?
Questa è la domanda che alcuni ricercatori americani si sono posti, chiedendosi se i cani avrebbero cercato di salvare il proprio proprietario in difficoltà.
Per anni nell’immaginario collettivo è spiccata la leggenda di Lassie ed in anni più recenti di Bolt, cagnolini temerari che fanno di tutto per aiutare i propri umani. Se la fedeltà dei nostri cani non si discute, sarà così anche per questi comportamenti che la scienza chiama ‘comportamenti prosociali’?
I comportamenti prosociali si verificano quando un individuo agisce volontariamente a beneficio di un altro o altri individui.
Questo tema è ancora molto dibattuto.
La maggior parte degli autori descrive i comportamenti prosociali in termini di costi e benefici, altri invece pensano che i comportamenti prosociali necessitino che l’attore prosociale dimostri di preoccuparsi per il ricevente e quindi che comprenda il suo stato emotivo. Tuttavia, non è ancora chiaro in che misura l’empatia e la compassione influenzino la prosocialità negli animali non umani.
LO STUDIO SCIENTIFICO
Nello studio scientifico che vi raccontiamo oggi, i ricercatori hanno sviluppato 3 test, coinvolgendo 60 cani non addestrati al compito e relativi proprietari.
Con il primo test hanno voluto valutare la propensione dei cani da compagni a salvare i loro proprietari. Per fare ciò i ricercatori hanno testato se i cani avrebbero spostato un pezzo di leggero cartonato che tratteneva il loro proprietario apparentemente in difficoltà all’interno di un box.
Nel secondo test, all’interno del box vi era sempre il proprietario ma questa volta non era più in apparente difficoltà, bensì stava leggendo tranquillamente a voce alta una rivista. Questo test è stato sviluppato per verificare se l’azione di soccorrere il proprio padrone da parte del cane fosse solamente frutto del desiderio dei cani di stare vicino ai loro padroni, piuttosto che di una chiara volontà di aiutarlo dopo aver capito che fosse in difficoltà.
Il terzo ed ultimo test prevedeva, invece, che all’interno del box ci fosse un pezzo di cibo altamente appetitoso per i cani. In questo modo i ricercatori hanno voluto verificare se e quanti cani fossero veramente in grado di svolgere il compito, ovvero di spostare il leggero pannello di cartonato per accedere al box, ed in questo caso alla ghiotta ricompensa.
I RISULTATI
Dai risultati è emerso che molti cani non sono stati in grado di spostare il cartonato e quindi di aprire il box. Infatti, nel test con il pezzetto di cibo, tanti cani hanno dimostrato non possedere l’abilità o l’esperienza necessaria per risolvere questo compito.
Ma vediamo invece cosa è successo nel caso dei cani che sono stati in grado di capire come si apriva il box. L’84% di questi cani ha soccorso il proprio padrone in difficoltà, numero maggiore rispetto ai cani che hanno aperto il box quando il proprietario leggeva la rivista a voce alta.
Un ulteriore risultato emerso dallo studio descrive come i cani si dimostravano sempre più veloci nell’aprire il box man mano che si andava avanti con le prove, ma solo nel caso del proprietario in difficoltà e non nel caso del proprietario che leggeva la rivista.
Questo suggerisce che le prestazioni dei cani miglioravano solo quando il cane era motivato dall’angoscia del proprietario.
Inoltre, i cani hanno mostrato più comportamenti di stress nel test del proprietario in difficoltà rispetto a quello di lettura, indicando che i proprietari trasmettevano i loro stati di angoscia ai cani.
Concludendo, questo studio ha pertanto dimostrato come alcuni cani riescono a soccorrere i loro proprietari senza aver ricevuto un particolare addestramento precedente.
Ha inoltre rivelato che quei cani in grado di completare il compito di salvataggio richiesto possiedono una propensione molto più elevata a mostrare un comportamento di salvataggio prosociale.
BIBLIOGRAFIA
Joshua Van Bourg, Jordan Elizabeth Patterson, Clive D. L. Wynne. Pet dogs (Canis lupus familiaris) release their trapped and distressed owners: Individual variation and evidence of emotional contagion. PLOS ONE, 2020; 15 (4): e0231742 DOI: 10.1371/journal.pone.0231742